Quarant’anni dopo la sua uscita, “Born in the U.S.A.”, il settimo album di Bruce Springsteen, continua a risplendere come un faro nella storia del rock. Con 15 milioni di copie vendute negli Stati Uniti e 30 milioni in tutto il mondo, rimane il suo più grande successo commerciale.
L’album, un mix esplosivo di batteria, sintetizzatori e Fender Telecaster, ha scalato le classifiche nel 1985, piazzando ben sette singoli nella top 10 di Billboard. Ma il seme di questo successo fu piantato molto prima, nel 1968, quando un giovane Springsteen evitò la leva per il Vietnam grazie a un esame medico fallito. Un’esperienza che lo portò a interrogarsi sul destino di chi, al suo posto, partì per la guerra.
Il disco
Già popolare grazie ad album come “Born to Run” e “The River”, Springsteen trovò ulteriore ispirazione nel libro “Nato il 4 luglio” di Ron Kovic, un veterano del Vietnam diventato attivista pacifista. Le storie di Kovic e di altri reduci alimentarono la sua riflessione sulla vita americana e sul sogno americano, temi centrali in “Born in the U.S.A.”.
La title track, un inno rock potente e ambiguo, divenne un successo planetario, nonostante il suo testo critico nei confronti della politica americana e della guerra del Vietnam. L’album segnò il ritorno di Springsteen al rock dopo il più intimo “Nebraska”, registrato nello stesso periodo.
Curiosamente, il titolo “Born in the U.S.A.” nacque da una richiesta del regista Paul Schrader, che chiese a Springsteen di comporre la musica per un film con lo stesso titolo. La canzone fu scritta durante le sessioni di “Nebraska”, ma venne poi esclusa per essere inserita nel nuovo album.
La lavorazione dell’album fu lunga e complessa, con diverse canzoni composte e registrate in momenti diversi. “Dancing in the Dark”, ad esempio, fu aggiunta all’ultimo momento su richiesta del produttore Jon Landau, che desiderava un singolo di successo. La canzone, inizialmente osteggiata da Springsteen, divenne poi un classico, immancabile nei suoi concerti.
La E Street Band, fedele compagna di Springsteen, offre una performance impeccabile, contribuendo a creare un sound potente e coinvolgente. Le canzoni spaziano tra rock americano anni 70 (“Born in the U.S.A.”, “Dancing in the Dark”), ballate toccanti (“I’m on Fire”, “Downbound Train”) e brani dal sapore più roots rock (“Darlington County”, “Working on the Highway”).
La nascita di una rock star
Il 4 luglio 1984, “Born in the U.S.A.” venne pubblicato, negli Stati Uniti, trasformando Springsteen in una superstar globale, cambiandogli la vita. Entrava nell’olimpo dei grandi del rock. “Born in the U.S.A.” è molto più di un album di successo. È un documento storico, un ritratto dell’America degli anni ’80, un inno alla speranza e alla resilienza. Quarant’anni dopo, le sue canzoni continuano a emozionare e a far riflettere, dimostrando che la grande musica non ha età. Un’impronta indelebile nella storia della musica e nel cuore di milioni di fan.
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