Vangelo e Meditazione della XXV Domenica del Tempo Ordinario Anno C a cura di Don Giacomo Equestre.
Non potete servire Dio e la ricchezza.
Vangelo secondo Luca Lc 16,1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi.
Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno.
So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”.
Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
Parola del Signore.
Commento al Vangelo
Il Vangelo di questa domenica ci parla di un amministratore disonesto che sperpera, che si impossessa, che si arricchisce di ciò che gli è stato affidato invece di agire come un buon padre di famiglia attento alle necessità dei più bisognosi! Quest’amministratore disonesto e truffatore, scoperto e minacciato di licenziamento, escogita un’ultima truffa per assicurarsi il futuro. Ha sempre truffato? Lo farà ancora, ma con altre motivazioni: è l’unica via di salvezza che gli rimanga. E la sceglie. «L’arte di cavarsela fa sempre comodo. Dipende poi da come la usiamo: per avere successo nelle imprese di questo mondo o per la grande impresa della salvezza eterna». Gesù condanna la disonestà di questo amministratore, ma ci vuol dare anche un insegnamento sulla prontezza di spirito e di decisione. Commenta Gesù: I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari, sono più scaltri dei figli della luce. «Il messaggio è chiaro. Parrebbe dire: guarda come sono svelti, interessati, capaci gli uomini nei loro affari materiali, magari disonesti! E invece come sono tardi, poco efficienti negli affari che riguardano l’anima, la vita spirituale, la fede! Ci vorrebbe la stessa passione per ciò che più conta, per gli affari che durano». Davanti a tale insegnamento possiamo chiederci come va la nostra vita spirituale: quanto la curiamo, consci anche che trascurare la propria formazione spirituale è commettere una grave mancanza? Quanta cura prestiamo ai nostri fratelli e sorelle? Perdiamo tempo per tante cose, e poi ci giustifichiamo dicendo che non abbiamo tempo per il Signore e per gli altri, che fa troppo caldo, che fa troppo freddo, che il Covid imperversa, che bisogna stare attenti… Certo che bisogna stare attenti ma questa non può essere una scusa ricorrente!
Per questo il discepolo può imparare da quest’amministratore la furbizia, la prontezza per garantirsi la vita, non quella terrena, quella dei figli di questo mondo, ma la prontezza, la furbizia quella santa per procurarci borse per la vita eterna. In che modo? Ebbene, io vi dico: procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
La furbizia consiste nel procurarci degli amici che ci accolgano in casa. I poveri che sono i fattorini del regno dei cieli.
I beni, che prima aveva usato solo per sé, adesso li usa anche per altri, non certo per un improvviso cuore generoso, ma come via d’uscita.
Ed è questa prontezza, questa furbizia, questa accortezza che Gesù elogia. «Questo è già servire i disegni di Dio… Fatevi degli amici perché vi accolgano, in casa loro… Fatevi degli amici.
Una cosa è certa: secondo Gesù gli amici importano più dei soldi. Sono loro la misura di una vita riuscita. Siamo solo amministratori. Neppure della nostra vita siamo padroni: viene da altri e va verso altri».
Avarizia e cupidigia possono rendere impietoso e crudele chi le vive. Francesco d’Assisi scelse di fare della povertà il fondamento della sua Fraternità perché aveva sperimentato e capito che la proprietà porta dietro di sé la guerra.
«Quando chiedevano l’elemosina in città, quasi nessuno voleva darla, ma li rimproveravano dicendo che avevano abbandonato le loro cose per mangiare quelle degli altri. E così pativano una penuria estrema.
Anche i loro genitori e i consanguinei li perseguitavano; gli altri concittadini li disprezzavano e li schernivano come si farebbe con degli eccentrici scervellati, perché a quel tempo nessuno abbandonava i propri averi per andare a elemosinare di porta in porta. Il vescovo della città di Assisi, al quale l’uomo di Dio ricorreva di frequente per consigliarsi, lo accolse con benevolenza e gli disse: “La vostra vita mi sembra dura e aspra, poiché non possedete nulla a questo mondo”.
Rispose il Santo: “Signore, se avessimo dei beni, per proteggerli avremmo bisogno di armi, perché è dalla proprietà che provengono questioni e liti, e così viene impedito in molte maniere tanto l’amore di Dio quanto l’amore del prossimo. Per questo non vogliamo possedere alcun bene temporale a questo mondo”» (FF 1438).
Leggi altro Vangelo e Meditazione di Don Giacomo Equestre
Foto: Ambito marchigiano seconda metà sec. XVIII, San Giuseppe da Copertino. Vedi scheda