Vangelo e Meditazione della II Domenica di Quaresima – Anno B a cura di Don Giacomo Equestre.
Vangelo e Meditazione
Vangelo secondo Marco 9, 2-10
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche.
E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.
Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!».
E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti.
Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Parola del Signore
Meditazione
L’obiettivo della quaresima non è quello di lucidare la nostra bella immagine spirituale, ma di salire sul Tabor. Siamo entrati nel deserto della quaresima per arrivare fino a lì, su quella piccola collina di Galilea, arsa dal sole, disseminata di alberi verdeggianti e battuta dal vento del mare.
Il Tabor evoca il momento in cui Gesù, svela la sua vera identità, supera il limite e si dona alla vista sconcertata e stupita degli apostoli.
Il Tabor dice l’assoluta diversità di Dio, la sua immensa gloria, la sua indescrivibile bellezza.
Il Tabor è la meta della quaresima.
E questo occorre dirlo e ridirlo a noi cattolici, che associamo la fede al dolore, che raffiguriamo sempre Gesù come il crocifisso, scordandoci del Risorto, e che già pensiamo alla Quaresima come al tempo della rinuncia e non al tempo dell’opportunità e della conversione, del combattimento e della lotta interiore per vincere la gara.
Verrà il tempo del dolore, e su un altro monte, una piccola cava di pietra in disuso chiamata Golgota, vedremo l’appeso, volgeremo lo sguardo a colui che hanno trafitto.
Ma prima occorre ricordarci della bellezza di Dio, della sua esaltante presenza.
La liturgia, provocatoriamente, pone la trasfigurazione all’inizio del cammino penitenziale, per indicarci il luogo da raggiungere.
Se poniamo dei gesti di conversione e di solidarietà, di rinuncia e di digiuno, di preghiera e di essenzialità è solo per poter essere liberi e vedere la gloria del Maestro.
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