Vangelo e Meditazione della DOMENICA, ASCENSIONE – ANNO C

Vangelo e Meditazione della DOMENICA, ASCENSIONE – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.

Dal
Vangelo secondo Luca 24,46-53

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».

Poi
li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si
prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e
stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Parola
del Signore

Meditazione

Sono stupiti e amareggiati, i discepoli. Il Maestro se ne va proprio ora che, infine, avevano capito il grande disegno di Dio su Gesù, proprio ora che, finalmente, avevano superato il dolore e si erano convertiti alla gioia!

Il
Dio presente, il Dio in cui crediamo è il Dio che accompagna, certo, ma che
affida il cammino del Vangelo alla fragilità della sua Chiesa.

Il Regno sperato dagli apostoli
occorre costruirlo, la nuova dimensione voluta dal Signore per restare nel
mondo, non è una soluzione magica, ma è una dimensione pazientemente intessuta
da ognuno di noi.

Siamo noi, ahimè, il volto di
Gesù per le persone che incontriamo sulla nostra strada  …  Tu
che leggi, fratello, sei lo sguardo di Dio per le persone che incontrerai.

L’ascensione segna la fine di un momento, il momento della presenza fisica di Dio, dell’annuncio del vero volto del Padre da parte di Gesù, che professiamo Signore e Dio, con la rassicurazione, da parte di Dio stesso della sua bontà e della sua vicinanza nello sguardo di noi discepoli.

Ora è il tempo di costruire
relazioni e rapporti a partire dal sogno di Dio che è la Chiesa: comunità di
fratelli e sorelle radunati nella tenerezza e nella franchezza nel Vangelo.

Accogliamo allora l’invito degli angeli: smettiamola di guardare tra le nuvole cercando il barlume della gloria di Dio e – piuttosto – vediamo questa gloria disseminata nella quotidianità di ciò che siamo e viviamo.

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Vangelo e Meditazione della VI DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Vangelo e Meditazione della VI DOMENICA DI PASQUA – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”.

Dal
Vangelo secondo Giovanni 14,23-29

In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.

Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.

Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”.

Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

Parola
del Signore

Meditazione

Vi lascio
la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.

Per le ragioni più diverse, la pace è sempre stata per gli uomini più un desiderio che una realtà.

Anche perché gli uomini l’hanno cercata (quando l’hanno fatto!) con i soli propri mezzi, con le risorse di intelligenza e in prospettive puramente umane.

Hanno trascurato una componente, l’unica in grado di assicurare una pace vera e duratura: l’aiuto Divino.

Già
prima di Gesù il popolo d’Israele invocavala pace da Dio e la considerava il
bene supremo (di qui il saluto-augurio tuttora usato dagli ebrei, shalom).

Bene
supremo, con un significato più denso di quello oggi: comprendeva infatti
pienezza di vita, gioia e salute, successo nelle imprese, compimento dei
desideri; e nell’ottica della fede andava anche più in là: significava il
compimento delle promesse di Dio al suo popolo, la piena e definitiva
realizzazione dell’alleanza.

Così
devono avere inteso anche gli apostoli, quando Gesù ha detto loro Vi lascio
la pace
.

E
chissà se sul momento hanno capito la successiva precisazione, Vi do la MIA
pace
: probabilmente l’hanno capita solo in seguito, alla luce di quanto è
accaduto subito dopo.

Quelle
parole fanno parte del discorso che Gesù ha rivolto loro durante l’ultima cena,
appena prima di affrontare la sua passione redentrice.

La pace vera è quella che egli ci ha guadagnato con il proprio sacrificio, unica via perché si realizzi l’armonia tra Dio e l’uomo.

Soltanto se vive in armonia con Dio, se cerca di fare la Sua volontà, l’uomo è in grado di impostare correttamente i rapporti con i suoi simili, di orientare positivamente le proprie risorse, di coltivare desideri di bene, di sopportare le difficoltà della vita.

Insomma, soltanto nel rapporto con Dio l’uomo trova la pace.

E la trova perché Dio gliela dona, per i meriti del suo Figlio che proprio per questo ha liberamente sacrificato se stesso.

La pace è un dono: perciò non si instaura automaticamente; Dio non impone i suoi doni: li offre.

Sta poi all’uomo, alla sua intelligenza e alla sua libertà, accoglierli e valorizzarli.

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Vangelo e Meditazione della V^ DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Vangelo e Meditazione della V^ DOMENICA DI PASQUA – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Dal
Vangelo secondo Giovanni 13,31-35

Quando
Giuda fu uscito dal cenacolo, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato
glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in
lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.

Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli
altri».

Parola
del Signore

Meditazione

Vi
do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri.

Sì,
ma di quale amore?

Parola
così abusata, parola che a pronunciarla male brucia le labbra, dicevano i rabbini.

Noi
confondiamo spesso l’amore con un’emozione o un’elemosina, con un gesto di
solidarietà o un momento di condivisione.

Amare
sovrasta tutto questo, perché contiene il brivido della scoperta dell’altro,
che ti appare non più come un oggetto ma come un evento, come colui che ti dà
il gusto del vivere.

Per
amare devo guardare una persona con gli occhi di Dio, quando adotto il suo
sguardo luminoso divento capace di scoprirne tutta la bellezza, grandezza e
unicità.

E da
questo si sprigiona fervore, meraviglia, incanto del vivere. Io vado dall’altro
come ad una fonte, e mi disseta.

Allora
lo posso amare, e nell’amore l’altro diventa mio maestro, colui che mi fa
camminare per nuovi sentieri.

Allo
stesso modo anche i due sposi devono amarsi come due maestri, ciascuno maestro
dell’altro, ciascuno messo in cammino verso orizzonti più grandi.

Lasciarsi
abitare dalle ricchezze dell’altro, e la vita diventa immensamente più felice e
libera.

Allo
stesso modo anche il povero che incontro o lo straniero che bussa alla mia
porta li posso guardare come fossero i nostri signori, e imparare quindi
a dare come faceva Gesù: non come un ricco ma come un povero che riceve, come
un mendicante d’amore.

E
pensare davanti al povero: sono io il povero, fatto ricco di te, dei tuoi occhi
accesi, della tua storia, del tuo coraggio.

Vi
do un comandamento nuovo.

Si
tratta della regola che protegge la vita umana, dove sono riassunti il destino
del mondo e la sorte di ognuno: abbiamo tutti bisogno di molto amore per
vivere bene
.

Dove
sta la novità? Già nell’Antico Testamento era scritto ama Dio con tutto il
cuore, ama il prossimo tuo come te stesso.

La
novità del comando sta nella parola successiva: Come io ho amato voi, così
amatevi anche voi gli uni gli altri.

Non dice quanto vi ho amato, impossibile per noi la sua misura, ma come Gesù, con il suo stile unico, con la sua eleganza gentile, con la sua creatività: ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai.

I cristiani non sono quelli che amano ma quelli che amano come Gesù: se io vi ho lavato i piedi così fate anche voi, fatelo a partire dai più stanchi, dai più piccoli, …  i vostri signori.

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Vangelo e meditazione della III^ DOMENICA DI PASQUA – ANNO C

Vangelo e meditazione della III^ DOMENICA DI PASQUA – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?».
Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete»

Dal
Vangelo secondo Giovanni 21,1-19

In
quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade.

E si
manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo,
Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse
loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con
te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.

Quando
già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che
era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?».

Gli
risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra
della barca e troverete».

La
gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci.

Allora
quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro,
appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché
era svestito, e si gettò in mare.

Gli
altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di
pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.

Appena
scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.

Disse
loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro
salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi
pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro:
«Venite a mangiare».

E
nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che
era il Signore.

Gesù
si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza
volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.

Meditazione

Pietro è stato il più presente
alle apparizioni del Risorto. Ma niente, nulla, deserto, il suo cuore è rimasto
duro e arido. Gesù è vivo certo, ma non per lui. Gesù è risorto e glorioso,
vivo, ma lui, Pietro, è rimasto in quel cortile.

L’inizio
del vangelo di oggi, è uno dei più tristi momenti del cristianesimo: Pietro
torna a pescare. L’ultima volta che era andato a pescare, tre anni prima, aveva
incontrato sulla riva quel perditempo che parlava del Regno di Dio.

Torna a pescare: fine
dell’avventura, della parentesi mistica, si torna alla dura realtà.

Gli altri apostoli – teneri! – lo
accompagnano sperando di risollevare il suo morale.

E invece nulla, pesca
infruttuosa: il sordo dolore di Pietro allontana anche i pesci.

Ma Gesù, come spesso accade,
aspettava Pietro alla fine della sua notte. Il clima è pesante.

Nessuno fiata. Solo quel
rompiscatole si avvicina per attaccare bottone e chiede notizie sulla pesca.

Nessuno ha voglia di parlare,
sono tutti affaccendati a riordinare le reti, la schiena curva, il capo chino,
il cuore asciutto e sanguinante.

«Riprendete il largo e gettate le
reti»

Tutti si fermano. Andrea guarda
Giovanni che guarda Tommaso che guarda Pietro. Come scusa? Cos’ha detto? Cosa?
Nessuno fiata, riprendono il largo, gettano le reti dalla parte debole e
accade.

È lui! Gesù non vuole che ci perdiamo: ci raggiunge là dove siamo, senza demordere, ci aspetta alla fine di ogni notte.

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Vangelo e Meditazione della III DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

Vangelo e Meditazione della III DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C

Vangelo e Meditazione della III DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Dal Vangelo secondo Luca 13,1-9

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici.

Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.

O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?

No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.

Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo.

Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”.

Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime.

Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».

Parola del Signore

Meditazione
«Cosa ho fatto di male per meritarmi questo!», «Che croce mi ha mandato Dio!»: quante volte ho sentito pronunciare queste lamentazioni, queste imprecazioni verso Dio.

Se Dio è buono, perché non (mi) evita il male?
Gesù, citando due noti eventi di cronaca dei suoi tempi, smonta una credenza popolare molto diffusa allora (e oggi).

Un devoto medio pensava che le disgrazie, come appunto il crollo della torre di Siloe, punissero delle persone che – in qualche modo – potessero aver commesso degli orribili peccati.

Ciò che Gesù dice è sorprendente, sconcertante: la vita ha una sua logica, una sua libertà.

La causa del crollo della torre di Siloe è da imputarsi al calcolo delle strutture errato, o al lucro compiuto dall’impresa che ha usato materiali scadenti; l’intervento crudele dei romani è causa della loro politica di espansione che usa la violenza come strumento di oppressione.

Non esiste un intervento diretto e puntuale di Dio, le cose possiedono una loro autonomia e noi possiamo conoscerne le leggi. Gesù ristabilisce le responsabilità: gran parte del dolore che viviamo ce lo siamo creato.

La croce ce la danno gli altri o ce la diamo noi stessi con uno sguardo contorto e futile della realtà.

Ho scoperto, dopo molti anni, che molti passano la vita a piallare e carteggiare la propria croce, attribuendone a Dio la responsabilità.

Dio fa quel che può: anche lui si ferma di fronte alla nostra ostinazione e durezza di cuore.

Dio è limitato, quindi? No, ma Dio ferma la sua mano e ci lascia liberi, perché vuole dei figli, non dei sudditi.

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Vangelo tratto da Liturgia del giorno su chiesacattolica.it




Vangelo e Meditazione della II DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C

Vangelo e Meditazione della II DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Dal Vangelo secondo Luca 9,28-36

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.

Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.

Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.

Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.

Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa».

Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».

Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.

Parola del Signore

Meditazione

L’obiettivo della quaresima non è quello di lucidare la nostra bella immagine spirituale, ma di salire sul Tabor.

Siamo entrati nel deserto della quaresima per arrivare fino a lì, su quella piccola collina di Galilea, arsa dal sole, disseminata di alberi verdeggianti e battuta dal vento del mare.

Il Tabor evoca il momento in cui Gesù, svela la sua vera identità, supera il limite e si dona alla vista sconcertata e stupita degli apostoli. Il Tabor dice l’assoluta diversità di Dio, la sua immensa gloria, la sua indescrivibile bellezza.

Il Tabor è la meta della quaresima. E questo occorre dirlo e ridirlo a noi cattolici, che associamo la fede al dolore, che raffiguriamo sempre Gesù come il crocifisso, scordandoci del Risorto, e che già pensiamo alla Quaresima come al tempo della rinuncia e non al tempo dell’opportunità e della conversione, del combattimento e della lotta interiore per vincere la gara.

Verrà il tempo del dolore, e su un altro monte, una piccola cava di pietra in disuso chiamata Golgota, vedremo l’appeso, volgeremo lo sguardo a colui che hanno trafitto.

Ma prima occorre ricordarci della bellezza di Dio, della sua esaltante presenza. La liturgia, provocatoriamente, pone la trasfigurazione all’inizio del cammino penitenziale, per indicarci il luogo da raggiungere.

Se poniamo dei gesti di conversione e di solidarietà, di rinuncia e di digiuno, di preghiera e di essenzialità è solo per poter essere liberi e vedere la gloria del Maestro.

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Vangelo tratto da Liturgia del giorno su chiesacattolica.it




La crisi dell’ identità politica, il ruolo dei cattolici

Identità politica, questa sconosciuta, impone oggi una riflessione più coinvolgente sulla presenza necessaria dei cattolici in politica.

Per avere ancora la presenza dei cattolici e dei loro valori nella politica, impone la formazione continua di una nuova generazione in contrasto con quanto sostengono alcune personalità diverse della cultura, il cui ruolo dei cattolici è diventato irrilevante fin dai tempi in cui si è dematerializzata la Democrazia Cristiana, il partito invece dell’unità dei cattolici.

Verosimilmente ci sono invece una parte di cittadini fuori dai salotti che cominciano a parlare della necessità della nascita di un nuovo partito di cattolici che ne assicuri l’unità della presenza politica.

Molti movimenti ed associazioni si stanno incontrando per muoversi verso un movimento unitario.

L’Italia si trova oggi in un’epoca di grandi crisi per cui necessita prenderne atto in modo serio.

Gli attuali partiti politici, che solo agitandosi, non fanno altro che peggiorare la situazione, sono convinti che con “il populismo” perpetrato alimentano le aspettative degli elettori per garantirsi il ritorno al potere.

Una crisi non solo economica ma anche etica e spirituale, una vera crisi di valori e di cultura: siamo in un periodo storico in cui bisogna rinnovarsi per garantire una nuova visione del mondo.

Proprio in questo contesto nasce la necessità di avere “cattolici in politica”.

I cattolici si sono sempre stati chiusi all’interno di una Chiesa definita da limiti precisi, preoccupata solo della propria identità, di fronte ad un mondo che li ostacolava con le solite teorie scientifiche.

Il problema dei “cattolici in politica” è solo il punto emergente di una crisi infinitamente più grande, drammatica ed affascinante che riguarda il rapporto tra Dio e l’uomo moderno.

I “cattolici in politica” sono uomini e donne che avendo trovato nella fede il senso della vita, possono portare concretamente a servizio della comunità la loro esperienza cristiana di trasparenza e rettitudine.

Oggi forse ai cattolici in Italia si chiede di essere presenti nei diversi schieramenti politici: la loro rilevanza o meno non dipende tanto da dove sono politicamente, che può essere segno positivo della irriducibilità della fede ad una sola posizione, quanto dalle nuove idee e dalla gioia con cui sanno coniugare la loro fede con la concretezza della storia.




Vangelo e Meditazione della VIII Domenica del Tempo Ordinario Anno C

Vangelo e Meditazione della VIII Domenica del Tempo Ordinario Anno C a cura di Don Giacomo Equestre.

Dal Vangelo secondo Luca 4,1-13       

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò
dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni,
tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono
terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio,
di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di
solo pane vivrà l’uomo”».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante
tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro
gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti
prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta
scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del
tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto
infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti
custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede
non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai
alla prova il Signore Dio tuo”».

Parola del Signore

Meditazione.

Gesù, sin dall’inizio del suo ministero, viene tentato
dal diavolo, il quale gli propone di fare il messia in un certo modo. Gesù
riflette, prega e si domanda se queste proposte sono in sintonia con ciò che il
Padre gli chiede di fare e annunciare, e decide ogni volta di rifiutare queste
proposte.

Infatti, una tentazione si distingue da un buon consiglio
proprio per il fatto che rischia di rivelarsi un cattivo consiglio, per i
motivi più svariati.

Noi abbiamo tutti lo stesso problema, ognuno nel proprio
campo e in funzione delle sue attività.

Riguardano il come fare il padre e la madre di famiglia, come comportarsi a scuola, sul lavoro, etc.

Ogni giorno siamo confrontati a delle situazioni che richiedono un discernimento per riuscire a fare la scelta giusta: ecco perché è importante pregare sempre e anche trovare il tempo per avere momenti di deserto.

Per questo chiediamo allo Spirito di sospingere ogni tanto anche noi per trovare dei momenti per riuscire a fermarci e pregare.

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Vangelo tratto da Liturgia del giorno su chiesacattolica.it




Vangelo e Meditazione della V Domenica del Tempo Ordinario Anno C

Vangelo e Meditazione della V Domenica del Tempo Ordinario Anno C a cura di don Giacomo Equestre.

Dal Vangelo secondo Luca 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda.

I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli.

Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.

Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore».

Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».

E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Parola del Signore

Meditazione

Pietro e Andrea stanno lavando le reti, stanchi dopo una notte infruttuosa. Sulla riva c’è il Nazareno che sta parlando ad una piccola folla che si è radunata per ascoltare le sue parole. Un giovane infervorato che parla di Dio, un illuso, un esaltato che vende fumo …

Ascolta, Pietro. È un uomo rude, concreto, abituato ad annusare il lago per capire come cambierà il tempo, con le mani callose e ruvide, rovinate dalle corde e dal legno della piccola barca di famiglia.

Ascolta e sorride, dentro di sé. Sono le solite storie dei rabbini devoti e dei credenti esaltati, parole belle e inutili, fiori alle catene della quotidianità.

Le solite prediche da sorbire per non essere tacciato dagli altri di essere una bestia.

Fumo negli occhi, come sempre. Poi accade l’imprevisto: Gesù si gira e gli suggerisce di riprendere il largo.

Accetta e quasi lo sfida, quell’arrogante falegname: vedrà che oggi i pesci sono andati in vacanza!

Dio ci raggiunge sempre alla fine di una notte infruttuosa, nel momento meno mistico che possiamo immaginare.

Ci raggiunge alla fine delle nostre notti e dei nostri incubi, ci raggiunge quando siamo stanchi e depressi.

Ci chiede un gesto di fiducia, all’apparenza inutile, ci chiede di gettare le reti dalla parte debole della nostra vita, di non contare sulle nostre forze, sulle nostre capacità, ma di avere fiducia in lui. Pietro lo fa e accade l’inaudito.

Le reti si riempiono, il pesce abbonda, la barca quasi affonda.

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Vangelo e Meditazione IV Domenica del Tempo Ordinario Anno C

Vangelo e Meditazione IV Domenica del Tempo Ordinario Anno C a cura di Don Giacomo Equestre.

Dal Vangelo secondo Luca 4,21-30

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso.

Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria.

Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne.

C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.

Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Parola del Signore

Meditazione

Il Vangelo di oggi ci bastona sull’idea che abbiamo di Gesù.

Quando nel Vangelo dicono di Gesù «Non è costui il figlio di Giuseppe?», mi vengono in mente tutte le volte in cui sento dire che non c’è bisogno di andare a messa per conoscere Gesù, che Gesù lo porto nel cuore e quindi dedico il mio tempo ad altro, che mi basta un segno di croce.

In realtà crediamo di credere, ma non sappiamo affatto nulla del Signore!

È vero che Lui è ovunque, ma vuol essere riconosciuto, corteggiato, amato, frequentato…

Invece lo cerchiamo, non per starci insieme e farlo parlare al nostro cuore, ma perché compia qualche effetto speciale che riguardi solo quell’attimo della nostra vita in cui ne abbiamo bisogno e basta. Insomma, non per essere riempiti di gioia, ma solo per avere una gioia quando serve…

In realtà, anche noi – che dovremmo essere familiari di Cristo, per cui ci diciamo cristiani – non crediamo più a Gesù. Proprio come i suoi compaesani. Anzi cerchiamo pace e salvezza in altre cose.

Non riusciamo più a leggere la realtà che ci circonda, non cogliamo più le opportunità che ne potremmo trarre, ma vediamo solo i rischi senza sforzarci di convertirli in vantaggi.

Non riconosciamo più Gesù, anzi lo teniamo fuori di casa, lo emarginiamo perché dice la verità e la verità ci fa male, perché troppo impegnativo, troppo riflessivo, richiede tempo e il mio tempo è poco, e prezioso … non ho tempo di investirlo bene.

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