Vangelo e la Meditazione della XIX Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e la Meditazione della XIX Domenica del Tempo Ordinario – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina…

Dal
Vangelo secondo Luca 12,32-48

In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non
temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non
invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non
consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

Siate
pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a
quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che,
quando arriva e bussa, gli aprano subito.

Beati
quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi
dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a
servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà
così, beati loro!

Cercate
di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non
si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora
che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Allora
Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».

Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.

Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.

Il
servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo
la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola,
avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.

A
chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà
richiesto molto di più»

Parola
del Signore

Meditazione

State pronti, ammonisce Gesù. Pronti a viaggiare, pronti a mettere in discussione ogni risultato, ogni certezza, tanto più se derivante dalla fede e dalla religiosità. Se abbiamo capito che il nostro cuore è fatto per l’infinito e l’infinito cerchiamo, stiamo pronti a cercarlo all’infinito.

State pronti: è il salutare atteggiamento del discepolo, la consapevolezza del “già e non ancora”. Già conosco Dio, eppure non lo possiedo ancora.

Già ho vissuto una splendida esperienza affettiva, eppure so che nessun amore colma il mio cuore definitivamente.

Già ho scoperto, alla luce del Vangelo, quanta grazia e luce interiore ricolmano il mio cuore, ancora vivo momenti di sconforto e di buio.

Già ho capito chi sono, ma ancora non so chi sarò. Una tensione sana, bella, che ci conduce all’essenziale, che ci stacca dalla pesantezza della quotidianità, che ci restituisce al realismo. State pronti, ci chiede il Maestro.

E noi vegliamo nella notte. Quanta fede ci chiedi, Signore! Come Israele, anche noi siamo chiamati ad uscire dalla schiavitù, da ogni schiavitù, per imparare, nel deserto, a fidarci di Dio.

Schiavi dell’idea che abbiamo di noi stessi, schiavi e preoccupati dell’immagine che dobbiamo restituire agli altri, schiavi dei finti bisogni che la pubblicità ci suscita, possiamo riscoprire, alla luce della parola, che o l’uomo è cercatore o non è, o l’uomo è mendicante o non è.

O l’uomo è in cammino interiore o non è.

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Vangelo e Meditazione della XVIII Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e Meditazione della XVIII Domenica del Tempo Ordinario – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede

Dal
Vangelo secondo Luca 12,13-21

In
quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che
divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito
giudice o mediatore sopra di voi?».

E
disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche
se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

Poi
disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto
abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei
raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri
più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso:
Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia,
bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà
richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi
accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Parola
del Signore

Meditazione

L’atteggiamento della Bibbia,
riguardo alla ricchezza, è adulto e maturo: riconosce in Dio l’origine di ogni
cosa, ma lascia all’uomo la capacità di gestire il creato. Non occorre
sfogliare la Scrittura per sapere cosa è bene per l’economia, è sufficiente
ascoltare la nostra coscienza illuminata.

Gesù sa che dietro la domanda del fratello rissoso c’è una questione di soldi e
ne approfitta per fare una riflessione sulla ricchezza.

A parole, sempre, siamo tutti
liberi e puri, francescani connaturali.

Proviamo tutti un innato pudore nei
confronti del denaro, lo consideriamo qualcosa di pericoloso, di sporco, di
ambiguo. Una persona ricca è sempre guardata con sospetto e, specie nel nostro
mondo cattolico, siamo sempre in imbarazzo a parlare di denaro.

Gesù, paradossalmente, è molto
libero a tal proposito: non dice che la ricchezza è una cosa sporca. Dice solo
che è pericolosa.

Guardate il pover’uomo della
parabola: un gran lavoratore, non ci viene descritto come un disonesto, né come
un avido, anzi, fa tenerezza la sua preoccupazione di far fruttare bene i suoi
guadagni per poi poterseli godere in pace …

La sua morte non è una punizione,
ma un evento possibile, sempre nell’ordine delle cose.

Chissà: forse troppo stress, troppo
lavoro, troppe sigarette sono all’origine della sua morte improvvisa, non certo
l’azione di Dio.

Gesù ci ammonisce: la ricchezza promette ciò che non può mantenere, ci illude che possedere servirà a colmare il nostro cuore.

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Vangelo e Meditazione della XVII Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e Meditazione della XVII Domenica del T.O. – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

«Quando pregate, dite: “Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”»

Dal
Vangelo secondo Luca 11,1-13

Gesù
si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli
gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai
suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: “Padre, sia
santificato il tuo nome, venga il tuo regno; dacci ogni giorno il nostro pane
quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a
ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”».

Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Parola
del Signore

Meditazione

La preghiera è un colloquio intimo, uno scambio di opinioni, una reciproca intesa. Non una lista della spesa, non un tentativo di corruzione, non una litania portafortuna. Concepiamo la preghiera come una serie di formule bene auguranti, ma la preghiera è fatta anzitutto di ascolto, l’ascolto di Dio.

Gesù ci svela il volto del Padre: è a lui che rivolgiamo la preghiera. Non a un
despota capriccioso, non a un potente da convincere.

Siamo diventati figli, ci ha detto
san Paolo, Dio ci tratta come tratta il suo Figlio beneamato.

Un buon Padre sa di cosa ha bisogno
il proprio figlio, non lo lascia penare.

Molte delle nostre preghiere
restano inascoltate perché sbagliano indirizzo del destinatario: non si
rivolgono a un padre ma a un patrigno o a un antipatico tutore a cui chiedere
qualcosa che, pensiamo, in realtà ci è dovuto.

La splendida e unica preghiera che
Gesù ci ha lasciato dovrebbe essere la preghiera sempre presente sulle nostre
labbra, a cui attingere, preghiera piena di buon senso e di concretezza, di
affetto e di gioia, di fiducia e di realismo, ci permette di rimettere al
centro la nostra giornata.

Gesù è sicuro di ciò che dice: se chiediamo otteniamo, se ci affidiamo siamo accolti in un caldo abbraccio dal Padre.

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Vangelo e Meditazione della XVI Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e Meditazione della XVI Domenica del T.O. – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Marta lo ospitò. Maria ha scelto la parte migliore

Dal Vangelo secondo Luca 10,38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.

Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.

Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».

Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Parola
del Signore

Meditazione

Il
Vangelo di oggi ci aiuta a capire cosa significa essere discepoli di Gesù, e ci
pone due atteggiamenti totalmente diversi di due sorelle: Marta e Maria.

Marta
sembra essere la primogenita, la padrona di casa che accoglie Gesù. Il suo
stesso nome deriva dall’ebraico mar, che significa appunto signore, padrone.

Maria, la sorella minore, le lascia tutte le responsabilità della casa e si mette ai piedi di Gesù per ascoltarlo.

Immaginiamo la scena: c’è Gesù in casa; Maria sta con Lui, ne ascolta la Parola, gli fa compagnia, cosa che in genere facevano gli uomini, mentre invece le donne erano dedite ai servizi; e così Marta si adopera in cucina, unicamente preoccupata del pranzo da preparare!

La sua
unica preoccupazione è il da fare, è il fare bella figura davanti a Gesù!

D’altronde, avere in casa un Maestro conosciuto come Lui, non era cosa da poco e si sa, in un piccolo paese, le voci girano…

Dunque bisogna tirar fuori le cose migliori, preparare tante pietanze … cose tutte che richiedono molti servizi.

Ma
quasi dimentica di aver accolto in casa una persona, e che persona!

Quante volte anche noi facciamo così, dando priorità alle cose da fare e non al fare attenzione alle persone che ci stanno vicino?

E così l’avere Gesù in casa diventa una sorta di esame da superare …

Spesso è anche così nella nostra vita: viviamo tutto con ansia come se ogni cosa fosse un esame da superare, nel cui esito c’è in gioco il nostro valore.

Facciamo tantissime cose, ma non sempre per amore: molte volte alla sottile ricerca dell’autogratificazione.

E guai se quella piccola cosa va male o non è accolta: viene meno persino la nostra autostima!

E sovente anche nei confronti del Signore, siamo più preoccupati di cosa fare per Lui, che non di accogliere ciò che Lui dice e fa per noi, come invece ci insegna a fare Maria.

Basti pensare quanti la domenica dicono: ma sì, il Signore lo sa che devo fare tante cose, poi a Messa ci vado un’altra volta …

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Vangelo e Meditazione della XV Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e Meditazione della XV Domenica del T.O. – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Maestro, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?

Dal Vangelo secondo Luca 10,25-37

In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?».

Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?».

Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso».

Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai».

Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?».

Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.

Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre.

Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione.

Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui.

Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.

Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui».

Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

Parola
del Signore

Meditazione

Il
Vangelo di questa domenica ci presenta la figura del Buon Samaritano.

Per
cogliere in profondità il testo, è importante partire dalla domanda che il
dottore della legge pone a Gesù: Maestro, cosa devo fare per ereditare la
vita eterna?

L’accento è posto sul fare, ossia che cosa devo fare per sentirmi a posto. Una domanda che, molte volte, ci poniamo anche noi..

Gesù ribadisce al dottore della legge ciò che già la prima alleanza affermava, mettendo al centro il comandamento di Dio e del prossimo.

Ma il dottore della Legge voleva sapere che cosa fosse il suo prossimo.Gesù risponde con una parabola.

C’è un uomo di cui non conosciamo nulla che, sulla strada, incappa nei briganti.

La scena, però, converge sui soccorsi dell’uomo.

Un levita e un sacerdote, uomini del tempio, vedono e passano oltre, forse perché avevano altro da fare.

Invece un samaritano lo vede e ne ha compassione. Compassione in ebraico, rievoca l’amore che una madre nutre per suo figlio.

Tale compassione lo spinge ad alcuni gesti significativi, quali l’avvicinarsi, il fasciargli le ferite, portarlo ad una locanda e avendo cura di lui dando soldi all’albergatore.

A questo punto il dottore della legge risponde che il prossimo per questa persona è stato proprio questo samaritano …

Allora la domanda non diventa: Chi è il mio prossimo?, ma: A chi io posso diventare prossimo?.

Posso diventare prossimo di qualsiasi persona che si trovi in difficoltà, basta che superi i miei pregiudizi. Prossimo sono io che divento vicino, che mi approssimo.

Il samaritano vede, si ferma, ha cura e in quel samaritano la tradizione ha identificato Cristo.

Possiamo con tranquillità attualizzare questo testo ponendoci anche noi questa domanda: A quale persona in questi giorni voglio farmi prossimo?

Ognuno può rispondere nel segreto del proprio cuore.

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Vangelo e Meditazione della XIV Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e Meditazione della XIV Domenica del T.O. – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli

Dal
Vangelo secondo Luca 10,1-12.17-20     

In
quel tempo, il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti
a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è
abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe,
perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in
mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a
salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace
a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di
lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e
bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa.
Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi
accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si
trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in
una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la
polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la
scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi
dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città».
I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si
sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal
cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti
e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non
rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto
perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Parola del Signore

Meditazione

Gesù invia 72 discepoli. Non
sono i dodici apostoli, ma semplici cristiani, discepoli appunto. E il
loro numero indica le nazioni, segno che il Vangelo esce dai confini del
popolo d’Israele.

Apostoli
o discepoli, non cambia la missione, aprono la strada e preparano l’incontro
vero e proprio con il Signore. Sono servi umili del Salvatore, ma la loro opera
è importante. Che bello pensare a Gesù che si fa aiutare da questi fratelli
nella fatica dell’evangelizzazione!

Grande è il compito, ma piccoli
sono i gesti;
si parla della casa, della città e della mensa; del
saluto che è una benedizione; del mangiare secondo le consuetudini del luogo e
del rispetto delle varie tradizioni. Non sono i gesti a cambiare, ma il cuore a
motivo del mistero di salvezza che viene annunciato.

I 72 “tornarono pieni di gioia”. Gioia dei discepoli e del Signore che, alla fine, si mostra come beatitudine consegnataci perché siamo Suoi. È questa beatitudine che ci insegna a rallegrarci, mostrandoci di cosa si può gioire, anche nei tempi della prova. Non è una contentezza effimera; si affianca alla sconfitta dei demoni vinti dall’azione dei cristiani che però nasce tutta nella grazia dall’alto. La gioia è grande perché il Signore ci ha salvati, ma è anche ardua, più della carità. Per questo madre Teresa diceva alle sue suore che non basta fare il bene; bisogna farlo con gioia.
Il confronto fra gli agnelli e il lupo è un programma; dice che la strada è in salita, fatta di sacrificio e di augurio di una pace diversa da quella del mondo perché nasce dalla vittoria della vita sulla morte, dopo un crudo combattimento. E il rischio della sconfitta è possibile. Lo scontro fra agnelli e lupi non è un incidente occasionale, ma la fisionomia cristiana dell’evangelizzatore.
L’insegnamento di Gesù è rivolto alla gioia, ad accrescerla, a farla profonda, vera, potente da sottomettere i demoni. Questa è la gioia dello stesso Gesù, riconoscente al Padre perché preferisce i piccoli e la occulta ai grandi. I primi sanno che tutto è grazia; i secondi presumono di meritare.

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Vangelo e Meditazione della XIII^ Domenica del T.O. – ANNO C

Vangelo e Meditazione della XIII^ Domenica del T.O. – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

«Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»

Dal
Vangelo secondo Luca 9,51-62

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe
stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino
verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.

Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso.

Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.

Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?».

Si voltò e li rimproverò.

E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada».

E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

A un altro disse: «Seguimi».

E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre».

Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia».

Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Parola
del Signore

Meditazione

Un
giorno Gesù capisce che è ormai tempo che si rechi a Gerusalemme: è una scelta
difficile perché intuisce ciò che lo attende, per cui quando parte, parte
deciso e i discepoli intuiscono che sta per succedere qualche cosa di
importante.

I discepoli che Gesù manda avanti per preparare l’accoglienza e l’alloggio della sua comunità, incontrano un rifiuto da parte dei Samaritani.

E’ normale: sono disprezzati dalla gente di Gerusalemme e di rimando rifiutano ospitalità a chi viene o va a Gerusalemme.

Ciò che invece stupisce è la reazione sproporzionata dei discepoli che vorrebbero invocare su di loro una distruzione totale.

Dalla
reazione di Gesù si capisce che sta nascendo qualche cosa di nuovo: chi vuole
seguirlo è sollecitato a rinunciare alle reazioni istintive del cuore a favore
di scelte intelligenti.

Siamo
chiamati a fare le scelte che fa Gesù e Dio stesso nei nostri confronti: la
scelta di amare e quindi di perdonare, e questo non nasce mai né dal cuore né
dall’istinto, ma dalla preghiera che ci aiuta a fare scelte intelligenti.

Lo vediamo anche dalle battute provocatorie che Gesù fa a quelli che si presentano per seguirlo con qualche remora.

Risponde in questo modo provocatorio, che fa contrasto con tutti i suoi insegnamenti sulla carità e anche con il suo comportamento stesso, come quando piange per Lazzaro, per farci capire che seguirlo è importante.

A ognuno di noi viene data una vocazione particolare che è la via con la quale possiamo seguirlo.

È una proposta che fa a tutti perché sa che tutti siamo chiamati alla piena comunione con Dio in questa vita e per la vita eterna.

Ecco perché Gesù insiste nel dire che seguirlo, ascoltarlo … pregare è la priorità assoluta, per il bene nostro e anche di quelli che vogliamo aiutare.

Amen

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Vangelo e Meditazione della DOMENICA, CORPUS DOMINI

Vangelo e Meditazione della DOMENICA, CORPUS DOMINI a cura di Don Giacomo Equestre.

Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.

Dal
Vangelo secondo Luca 9,11-17

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».

Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare».

Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente».

C’erano infatti circa cinquemila uomini.

Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.

Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Parola del Signore

Meditazione

Sembra strano pensare di
celebrare una messa per riflettere sulla Messa. Se ciò accade è per cercare di
arginare l’abitudine, per smuovere e risvegliare le nostre stanche e assonnate
comunità, per chiederci – infine – cosa ne abbiamo fatto del dono del Risorto
ai credenti, l’Eucarestia.

Gesù,
nel momento più difficile della sua vita, nel momento dell’abbandono e
dell’incomprensione, compie un gesto definitivo: si dona, si consegna, non
offre pane e vino, come Melchisedek, ma la sua stessa vita sull’altare della
croce.

Non è il pane che diventa Cristo,
ma Cristo che si fa pane, per potere essere assimilato, per nutrire, per
indicare un nuovo percorso, una nuova logica, quella del totale dono di sé.

La Cena Pasquale che egli celebra
nell’indifferenza e nella distonia totale con gli apostoli ci dona la misura
della solitudine e dell’amore di Dio.

Quel gesto, gesto d’amore
assoluto, è celebrato e ripetuto ogni volta che una comunità di credenti si
raduna insieme ad un prete.

Ma non può essere un gesto
auto-celebrativo, un gesto isolato, un gesto neutro.

O l’eucarestia contagia la nostra
vita, la riempie, la modella, la plasma, la informa; oppure resta sterile,
morta, direi inutile.

La Messa inizia proprio nel momento in cui usciamo dalla porta della chiesa, e dura un’intera settimana.

Quel pane ricevuto ci aiuta a sfamare la folla, ad accorgerci della fame insaziata di chi incontreremo durante la settimana e a mettere a disposizione quel poco che siamo per sfamare ogni uomo, nel corpo e nell’anima.

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Vangelo e Meditazione della DOMENICA, S.S. TRINITÁ – ANNO C

Vangelo e Meditazione della DOMENICA, SANTISSIMA TRINITÁ – ANNO C a cura di Don Giacomo Equestre.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.

Dal
Vangelo secondo Giovanni 16,12-15          

In
quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:

«Molte
cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il
peso.

Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.

Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Parola
del Signore

Meditazione

Gesù ci svela che Dio è Trinità,
cioè comunione. Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio
è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione del Padre col Figlio
nello Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno
verso l’altro da essere totalmente uniti.

Dio non è solitudine, non è
immutabile perfezione, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione
dell’uno verso l’altro.

Solo Gesù poteva farci accedere
alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia,
l’intimo tormento di Dio: la comunione. Una comunione piena, un dialogo
talmente armonico, un dono di sé talmente realizzato, che noi, da fuori,
vediamo un Dio unico.

Dio è Trinità, relazione, danza,
festa, armonia, passione, dono, cuore.

Allora finalmente capiamo gli
incontri di catechismo per tentare di spiegare la Trinità:  quando, le catechiste tracciavano sulla
lavagna l’addizione: 1+1+1=1 o ancora mentre disegnavano un triangolo
equilatero.

È proprio perché il Padre ama il
Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori,
vediamo un’unità assoluta.

Se Dio è comunione, in lui siamo
battezzati e a sua immagine siamo stati creati; ma, se questo è vero, le
conseguenze sono enormi.

La solitudine ci è insopportabile
perché inconcepibile in una logica di comunione, perché siamo creati a immagine
e somiglianza di Dio.

Allora carissimi, se giochiamo la nostra vita da solitari non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto che Dio ha per noi.

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Vangelo tratto da Liturgia del giorno su chiesacattolica.it




Vangelo e Meditazione della DOMENICA, la Pentecoste

Vangelo e Meditazione della DOMENICA, la Pentecoste a cura di Don Giacomo Equestre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Dal
Vangelo secondo Giovanni 14,15-16.23-26              

In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Se
mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.

Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi.

Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Parola del Signore

Meditazione

La Pentecoste che oggi celebriamo non è un invenzione di Gesù o dei primi cristiani.

Essa è un’antica festa ebraica nella quale si fa memoria del giorno in cui il popolo d’Israele ricevette la legge di Dio al monte Sinai, che secondo i calcoli interni alla Bibbia avvenne cinquanta giorni dopo la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto.

E noi, cinquanta giorni dopo la
Resurrezione di Gesù, celebriamo il dono definitivo della legge di Dio: lo Spirito
Santo
.

Solitamente, quando si parla
dello Spirito Santo, ci sono idee un po’ confuse  … Allora vorrei subito chiarire che lo
Spirito Santo non è una cosa, ma una Persona, una Presenza.

Immagino che molti di voi stiano andando a cercare nella memoria qualche ricordo del catechismo, per scovare qualche informazione in più su questo illustre sconosciuto.

Se avete in mente qualche bella
definizione tenetevela stretta, ma lo Spirito ci tiene ad essere riconosciuto
per quello che fa e che opera, più che per quello che si dice di Lui.

Se una Parola della Scrittura, un
brano della liturgia, una parola di una meditazione ti hanno colpito il cuore,
non avere dubbi: è opera dello Spirito Santo.

Se un incontro inaspettato con
una persona cara risolleva una settimana veramente grigia, non avere dubbi: lì
c’è il Suo tocco.

Se dopo un periodo di letargo spirituale
senti il desiderio di metterti davanti a Dio e ricevere il suo perdono, non
stai impazzendo, tranquillo: è l’azione dello Spirito.

Se trovi dentro di te un coraggio
mai sperimentato prima nel prendere una decisione importante, nel mettere
ordine in una relazione che ti fa star male, nell’aprirti di cuore ad un
perdono inaspettato, non avere dubbi: è lo Spirito che lavora il tuo cuore.

Ecco cosa fa lo Spirito Santo: è
il lubrificante della nostra fede!

Se gli ingranaggi della nostra
vita spirituale sono vecchi, arrugginiti e ammuffiti, è Lui che interviene in
modo discreto ed efficace per rendere viva e palpitante la nostra fede.

Lo Spirito Santo ci libera da
quelle incrostazioni che rendono la fede noiosa e burocratica.

Allora coraggio, cari amici!
Alziamo le vele e lasciamoci guidare dal soffio dello Spirito.

Lui che è datore di vita e che ci ha liberato dalla legge del peccato e della morte, ci faccia sperimentare ogni giorno la novità e la bellezza della vera fede nel Cristo Risorto.

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