La pizza, il piatto che ha fatto conoscere Napoli e l’Italia al mondo sarà protagonista di “Storie di pizza”, un documentario disponibile su Amazon Prime già dal prossimo autunno. Il progetto è stato presentato lo scorso mercoledì dagli ideatori, Luca Carcano e Bruno Avagliano, presso la Camera dei Deputati, a Roma, insieme a Flavia Corrado (che sarà la conduttrice), famosa per la sua pagina Instagram Zia Flavia Foodnboobs, e Luciano Pignataro, giornalista de Il Mattino.
L’idea dietro “Storie di pizza” e i prossimi step
“Storie di pizza” è un viaggio alla scoperta delle eccellenze che costituiscono il prodotto pizza. Il documentario durerà tra i 50 e i 70 minuti e sarà proiettato nei cinema di Napoli, Roma e Milano prima di uscire su Amazon Prime.
La troupe trascorrerà sette giorni a Napoli, visitando i luoghi emblematici e intervistando gli attori principali lungo la filiera del prodotto pizza, come Caputo e Ferrara. Non mancheranno volti noti come quello di Sorbillo, con contenuti esclusivi e piccole chicche. «Questo è un primo passo per raccontare il made in Italy a livello internazionale – ha spiegato Luca Carcano, registra del documentario – Dobbiamo essere orgogliosi dei prodotti che abbiamo perché ci imitano veramente in tanti. In Italia abbiamo non so quante DOP, DOC e patrimoni Unesco in ogni dove. Ci auguriamo che storie di pizza sia solo la prima di diverse edizioni, perché sulla pizza c’è tanto da raccontare e non è possibile rinchiudere tutto in un solo documentario».
Una storia lunga più di cento anni
Nel 1889 venne ideata la famosa pizza margherita in onore della Regina d’Italia, Margherita di Savoia trasformando questo piatto, dopo quasi 200 anni di storia, anche in una pietanza per l’alta nobiltà. Quando, nel ‘700, nacque la pizza, lo scopo era quello di sfamare le persone che dovevano stare in giro tutta la giornata. «Fu realizzato un forno ad hoc – ha spiegato Luciano Pignatano – il caratteristico forno napoletano a bocca di luna che consente la cottura della pizza in 90 secondi grazie alla capacità di raggiungere temperature di 400° C».
E oggi, fare i pizzaioli è un lavoro di tutto rispetto, ma non solo. La pizza è uno straordinario motore economico per i quartieri più disagiati. Sono tanti i giovani che trovano la loro strada in quella che può definirsi una forma di arte, nel 2017 riconosciuta dall’UNESCO patrimonio immateriale dell’umanità.
La pizza napoletana padrona dell’Italia e del mondo
«Si stima, che ogni anno in Italia vengono sfornati circa tre miliardi di pizze – ha spiegato Bruno Avagliano – Un numero di per sé impressionante che però rispetto al mercato americano diventa ridicolo: su 350 milioni di americani il 93% consuma questo prodotto una volta a settimana. Negli Stati Uniti sono presenti circa 190.000 pizzerie».
Eccellenze che però vanno tutelate. Infatti, da diverso tempo ha preso piede un fenomeno, l’Italian Sounding, che consiste nell’utilizzo, su etichette e confezioni, di denominazioni, riferimenti, immagini e marchi che evocano l’Italia per commercializzare prodotti non autentici. Questa pratica mette a rischio la salute dei consumatori e l’economia italiana. «Solo in Italia si parla di un business di circa 15 miliardi di euro e 200mila posti di lavoro – ha spiegato il deputato Luigi D’Eramo, Sottosegretario di Stato per l’Agricoltura, la sovranità alimentare e le foreste – Secondo Italmopa (Associazione Industriali Mugnai d’Italia) parliamo di circa 400 milioni di chilogrammi di farina utilizzati con un’attenta selezione, 225 milioni di chilogrammi di mozzarella, 30 milioni di chilogrammi di olio d’oliva e 260 milioni di chilogrammi di salsa di pomodoro. Numeri importanti che rappresentano anche un punto di vista economico ed occupazionale, una colonna portante del nostro mondo economico».