The Dark Side of the Moon, dei Pink Floyd, è uno di quegli album di cui è stato detto praticamente tutto, un album che ci porta indietro nel tempo, quando l’uomo atterrò sul “lato oscuro della luna”.
Tecnicamente, parliamo del terzo album più venduto della storia, ma praticamente abbiamo a che fare con una delle opere più influenti della cultura contemporanea, con tutta la letteratura annessa che questo comporta.
Concept Album mastodontico, piomba nel 1973 come un meteorite nel panorama della musica rock, il disco affronta una serie di tematiche esistenziali attraverso un tappeto sonoro che porta l’ascoltatore in una dimensione parallela.
Chi ha la pazienza di fermarsi qualche minuto in più ad ascoltare la musica dei Pink Floyd a metà tra il sogno e la realtà, può assaporare suoni e melodie spaziali, può osservare le loro copertine visionarie e riflettere, magari con un po’ di nostalgia, sulla loro storia (vedi la pazzia di Syd Barrett )
The Dark Side of the Moon è il loro album più ascoltato, più famoso, discusso, idolatrato e talvolta anche snobbato, per la semplice ragione che, nel bene e nel male, incarna tutte le caratteristiche proprie di un viaggio introspettivo nell’animo umano.
Alcuni concetti come il tempo, la morte, il denaro, la follia portano l’ascoltatore in riflessioni autentiche in cui si viene invitati ad ampliare le proprie concezioni dell’esistenza.
Qualsiasi dubbio viene risolto semplicemente fermandosi ad ascoltarlo, con i suoi toni irreali, impalpabili, tranquilli eppure inquieti, che agiscono allo stesso tempo come un calmante e come un eccitante.
La copertina, il prisma che scompone la luce bianca, è diventata una vera e propria icona del Progressive Rock ed introduce l’ascoltatore, già dal punto di vista grafico, verso un disco fuori dal comune.
Un viaggio attraverso la mente e i sentimenti, in una sorta di labirinto in cui ci si perde rilassando i sensi.
L’introduzione di The Dark Side of the Moon della prima traccia è il brano Speak To Me/Breathe.
Insieme pongono l’accento sugli elementi mondani e futili della vita, che accompagnano la sempre presente minaccia della pazzia, e l’importanza per ognuno di vivere la propria esistenza; il tutto corredato da un introduzione in cui sono presenti il battito di un cuore, che rivela, secondo Roger Waters il bassista compositore e paroliere del gruppo, la vera natura dell’esperienza dell’essere umano cioè l’Empatia.
In questo labirinto di suoni c’è posto anche per nevrotici pezzi strumentali come On the Run o per riflessioni sullo scorrere del tempo, come la particolarissima ed emozionante Time, introdotta da una simultanea cacofonia di orologi, sveglie e pendoli, che comprende anche la ripresa di Breathe.
In Time i Pink Floyd raggiungono l’apice della propria espressività, attraverso una perfetta armonia ed un ricercato equilibrio tra musica e testo; quest’ultimo, come detto sopra, è una ricercata riflessione sul tempo, di stampo filosofico in cui il protagonista del testo si rende conto di aver sprecato troppo tempo nella propria vita e inevitabilmente resta spaventato all’idea di morire, spesso senza avere il tempo di realizzare tutti i progetti che ha in mente
Gli indimenticabili gorgheggi di Clare Torry in The Great Gig in the Sky portano sopra le nuvole, in un vortice di note vibrate dal piano e dalle potenti corde vocali della cantante, la quale indossa la veste di “ospite d’onore” del pezzo.
“Il grande gigante nel cielo”, secondo i floyd, è la paura della morte .
Infatti la naturale prosecuzione di Time come risposta al terrore di aver sprecato il tempo a disposizione è filosofica: la paura di morire è insensata in quanto tutti, prima o poi, se ne devono andare.
Anche le critiche mosse al materialismo e al “vile” denaro trovano spazio in questo album in pezzi come Money, canzone dal sound compatto in 7/4, il basso di Roger Waters strizza l’occhio al blues ed è riccamente condita da un assolo di sassofono di un altro ospite d’onore, il superbo Dick Parry, e dall’ottimo guitarwork di David Gilmour.
Parry firma anche il sassofono del pezzo seguente, Us and Them, un pacato stacco dopo la frenetica Money.
Impeccabile anche in questa traccia la linea di sassofono, e non poteva mancare anche l’accompagnamento dei cori in alcune parti: la scelta calza a pennello e si armonizza perfettamente con le scelte sonore utilizzate per gli altri strumenti.
Tuttavia, soltanto all’interno del contesto del disco la traccia riesce a soddisfare pienamente: da sola risulterebbe una sorta di “pesce fuor d’acqua”, separata dalla strumentale Any Colour You Like che sembra completarla.
Gli ultimi due brani sono Brain Damage ed Eclipse, incredibilmente sognanti, i cui testi e musica sembrano comunicare una sorta di ascesa, su e più in alto, verso la luce, concludendosi con toni contemporaneamente rassicuranti e angoscianti infatti l’album termina con una frase del brano “Eclipse” che riassume tutto il senso del lavoro della band.
Una frase in cui l’uomo figura come elemento in balia di se stesso e degli eventi : “ Tutto ciò che fai, tutto ciò che ti circonda sotto il Sole è in sintonia, ma il Sole è eclissato dalla Luna.’