Lo storico telecronista Rai Tito Stagno è morto, aveva 92 anni: raccontò agli italiani lo sbarco sulla Luna.
Nato a Cagliari il 4 gennaio 1930, fu la sua voce a raccontare l’allunaggio in 25 ore di trasmissione dallo studio 3 di via Teulada.
Lo spazio, le stelle, la Luna.
Come tutti i bambini sognavo di fare l’astronauta e vedere la terra dal romantico satellite.
C’è stato un tempo, lontano, in cui l’umanità “gareggiava”, tra le due nazioni più potenti economicamente, Usa ed Urss, per conquistare il primato tecnologico sull’esplorazione spaziale.
Quel tempo che molti della mia generazione non hanno vissuto, è giunto sino alle generazioni piu giovani, grazie ad alcune immagini televisive immortali.
Aldilà degli aspetti scientifici dell’impresa, (contestata nella sua stessa esistenza da molti complottisti),aldilà degli aspetti politici ed economici, c’era una televisione bianco e nero ed un sogno.
Un giornalista in quel momento stava portando l’Italia sulla Luna.
Ha toccato!
Ha toccato in questo momento il suolo lunare”: la storia dell’allunaggio è tutta in quella frase che Tito Stagno pronunciò mentre, dalle cuffie in cui sentiva il dialogo tra gli astronauti e la centrale di Houston, ascoltò i tecnici Nasa dire ‘Reached Land’.
L’Allunaggio
Oltre 25 ore di trasmissione, dallo studio 3 di via Teulada, in collegamento con Houston dove c’era Ruggero Orlando, per coinvolgere gli italiani in quell’attimo storico in cui l’uomo mise piede sulla Luna.
Una veglia rimasta nell’immaginario collettivo, che il giornalista ricordava spesso con nostalgia ma anche con una punta di amarezza, in quanto gli ricordava “una stagione di entusiasmi, di coraggio, di desiderio di conoscenza che si rivelò poi troppo breve”.
Oggi quel giornalista, Cagliartiano di nascita con una carriera giornalistica, costellata di telecronache di grandi eventi, ci ha lasciato.
Resterà per sempre ‘il telecronista’, come amava definirsi, che portò gli italiani sulla Luna per il primo sbarco degli astronauti americano attraverso l’Apollo 11 il 20 luglio del 1969.
Leggi altro di Stefano De Crescenzo