L’importanza dei moscerini della frutta nello studio del cervello

Secondo i ricercatori del Janelia Research Campus e del California Institute of Technology conoscere i neuroni e i circuiti che determinano uno stato aggressivo persistente nei moscerini della frutta potrebbe aiutare a capire come il cerv
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Secondo i ricercatori del Janelia Research Campus e del California Institute of Technology conoscere i neuroni e i circuiti che determinano uno stato aggressivo persistente nei moscerini della frutta potrebbe aiutare a capire come il cervello umano prende le decisioni e a studiarne il comportamento, compresi quelli che possono verificarsi insieme a malattie neurodegenerative o psichiatriche. Un particolare tipo di cellula, l’aIPg, o la sua stimolazione simultanea con pC1e, potrebbe far sì che le mosche rimangano arrabbiate fino a 10 minuti.

“Ridurre l’aggressività e trovare modi per fermare la rabbia persistente è fondamentale per la nostra società” ha spiegato Katie Schretter in una dichiarazione, autrice principale dello dello studio. “Capire i circuiti neuronali coinvolti potrebbe aiutarci a sviluppare strategie per gestire meglio questi stati emotivi.”

Lo studio sui moscerini della frutta

Moscerini della frutta femmine ed esseri umani sono più vicini di quanto si possa pensare. Qual è l’elemento di congiunzione? L’aggressività persistente. Ora, nei moscerini l’aggressività è una questione di sopravvivenza (per esempio se depongono le uova su una banana matura, le proteggono spingendo, dando testate e perfino lottando con altre femmine). Questo comportamento, che è stato oggetto di studio da parte dei ricercatori, ha svelato come alcune cellule cerebrali siano responsabili di stati di aggressività prolungata (fino a 10 minuti dopo!): le aIPg. Questi segnali si alimentano all’interno di un circuito neurale chiuso, suggerendo neuromodulatori o circuiti cerebrali diversi (e non semplici connessioni ricorrenti tra le cellule) possono contribuire a mantenere uno stato d’animo aggressivo.

Conclusioni: l’aggressività nei moscerini come plus nello studio del cervello umano

I disturbi della condotta in Italia hanno una prevalenza di circa il 10% e colpiscono più frequentemente i maschi, con un esordio intorno alla tarda infanzia o nel corso della prima adolescenza. Uno di questi, l’aggressività persistente, spesso si associa a disturbi neurodegenerativi e psichiatrici. Capire come funziona il cervello in questi casi, quali sono le cellule o i neuromodulatori implicati, potrebbero portare allo sviluppo di nuove terapie.

Author: Alessandra Romano

Alessandra Romano nasce a Napoli nel 1999. Laureata magistrale in Comunicazione Scientifica Biomedica e con un master in Giornalismo scientifico presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza". Scrive articoli per riviste e blog scientifici.