Il sorpasso è il film perfetto da vedere a Ferragosto: scopriamo insieme la bellezza di questo capolavoro del nostro cinema!
Il sorpasso è un film di Dino Risi del 1962 con protagonisti Vittorio Gassman nel ruolo di Bruno Cortona, quarantenne sbruffone e seduttore, e Jean-Louis Trintignant che interpreta Roberto Mariani, timido studente di legge. Due personaggi agli antipodi, completamente diversi, ma una coppia ben riuscita sullo schermo.
Il sorpasso: trama
Ferragosto, Roma. Tra le strade deserte della capitale sfreccia Bruno Cortona con la sua Aurelia in cerca di un telefono. Lo troverà a casa di Roberto, un giovane studente di legge, innamorato della sua vicina di casa, ma che non ha mai avvicinato. Bruno riesce a convincere Roberto a seguirlo nel suo giretto per Roma, dopotutto è Ferragosto e lo studio può aspettare. Così comincia un viaggio on the road, lungo tutta la Via Aurelia, fino a Civitavecchia e poi ancora verso la Toscana, arrivando a salutare gli zii di Roberto, fino a Castiglioncello, dove vive l’ex moglie di Bruno con la figlia, Lily (l’allora diciassettenne Catherine Spaak). Un viaggio che esaspera Roberto, impacciato e incapace di quella naturalezza, anche con le donne, che, invece, possiede la sua controparte.
Bruno è alto, bruno e affascinante, dalla risata sempre pronta, arrogante, incarna bene quella parte della società italiana vacua e amorale, che in pieno boom economico desidera ottenere tutto e subito, senza davvero porsi domande sul proprio futuro. Roberto, al contrario, è goffo, antitesi anche fisica di Bruno, basso e biondo. Incapace di manifestare apertamente i suoi pensieri, che spesso si manifestano come una voce fuori campo, la sua voce interiore, emblema della forte interiorità del personaggio, ma anche della sua incapacità di lasciarsi andare, di riflettere troppo sulle cose, non riuscendo a vivere il momento.
È affascinato da Bruno, ne ammira l’audacia e la spontaneità e anche quando cerca di allontanarsi da lui, per ritornare ai suoi libri e alla sua vita già decisa e monotona, è trattenuto. Forse, un richiamo alla vita, a svegliarsi da quel letargo in cui ha vissuto fino ad ora. Durante il viaggio Bruno, in qualche modo, corrompe il ragazzo, ma è anche suo maestro di vita, lo libera da pregiudizi e bigottismo. L’incontro con l’ex moglie e la figlia di Bruno mostra allo spettatore un lato diverso del personaggio, il grande seduttore fallisce nel tentativo di riconquistare la moglie e la figlia è una giovane donna emancipata e libera, che non ha poi così bisogno di una figura paterna, ma, dopotutto, neppure Bruno si vede bene nel ruolo di una severa figura paterna.
L’ottima interpretazione di Vittorio Gassman regala un personaggio realistico, nulla di strano se si considera che l’attore interpretò la parte esasperando alcuni lati del suo carattere: l’amore per la bella vita, le donne, la simpatia. Jean- Louis Trintignant fu scelto dopo che le riprese per il film erano iniziate. La scena iniziale in cui Bruno fermo alla fontanella fuori alla casa di Roberto, alza lo sguardo e lo vede alla finestra, fu girata da una controfigura. Dino Risi non era convinto che fosse adatto, ma lo prese perché l’aspetto e il viso da bravo ragazzo erano perfetti per il suo personaggio. Il viaggio permette anche al regista di mostrare uno spaccato di vita reale dell’Italia degli anni ‘60: in piena estate le spiagge sono affollate di italiani al mare, pronti a godersi ogni giorno di sole; la musica del film, con i migliori successi di quegli anni, rende l’idea di leggerezza e libertà che caratterizzavano quel periodo. Anche l’auto del film, l’Aurelia super compressa, è l’auto dell’Italia che vuole ricominciare, scattante e vincente, dal clacson assordante e inconfondibile.
Il film che racconta l’estate degli italiani
Persino la strada percorsa dai protagonisti nel film, la Via Aurelia, è la strada che tanti italiani percorrevano durante le vacanze, una strada trafficata, ma anche irta di pericoli, come dimostra il tragico finale del film. Nell’ultima, adrenalinica corsa, quando, ormai. Roberto si è lasciato andare, trovando anche il coraggio, poco prima, di chiamare la ragazza di cui è innamorato per raggiungerla a Viareggio, sfrecciando con il vento tra i capelli e un “Urrà” lanciato a gran voce, la vita che sembra essere tutta lì, nell’abitacolo di una decappottabile, con un amico, proprio in quel momento, il sottile confine tra comico e tragico si assottiglia e l’auto si schianta contro un camion, durante l’ultimo sorpasso. Bruno riesce a salvarsi, ma Roberto perde la vita, precipitando con l’auto sugli scogli.
Il finale colpisce per la rapidità con cui accade, quasi un contrasto violento con il resto del film, ma, in realtà, conforme al dualismo che caratterizza il film: Bruno e Roberto, l’Italia vacua e leggera, estiva, accanto a quella del lavoro, della monotonia di una vita già stabilita ( come quella del cugino di Roberto, Alfredo). È un finale amaro, che spegne per la prima volta la risata sul volto di Bruno, che assiste alla rovinosa caduta dell’auto, ma che dà un senso, perché mostra l’ombra della morte anche nella più bella giornata di sole. Ma, forse, è amaro anche perché Bruno non cambia dopo questa morte: agli agenti non riesce a dire il cognome di Roberto, non lo ricorda, a vincere è la sua anima leggera e superficiale.