E’ conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo.
Il pomodoro San Marzano è’ strettamente legato al concetto di “dieta mediterranea”, intesa come alimentazione sana ed equilibrata.
La denominazione di origine protetta del Pomodoro San Marzano designa esclusivamente il prodotto “pelato” e la tipologia “pelato a filetti”.
Storia del Pomodoro San Marzano dop dell’Agro Sarnese Nocerino
Giunto dalla Spagna nel XVI secolo il Pomodoro è entrato a pieno titolo nella cucina partenopea all’inizio dell’800.
In origine fu considerato prima pianta medicinale, poi potente afrodisiaco ed infine creduto addirittura velenoso.
Già allora Pellegrino Artusi, ne esprimeva il suo apprezzamento definendolo l’“oro rosso” della Campania,
“vero toccasana per la salute dell’uomo, grazie al suo elevato contenuto di minerali, oligoelementi e vitamine”.
“Se questo prezioso frutto della famiglia delle solanacee, originario dell’America Meridionale, fosse più raro, costerebbe quanto e più dei tartufi”. —-Artusi
Secondo alcune testimonianze si dice che il primo seme di pomodoro sia giunto in Italia intorno al 1770, come dono del Regno del Perù al Regno di Napoli.
Fu piantato proprio nella zona che corrisponde al comune di San Marzano, da qui il nome.
Territorio di produzione Pomodoro San Marzano
Oggi la produzione è concentrata nella vasta pianura della provincia di Salerno identificata come “Agro Sarnese Nocerino”:
- nell’Acerrano-Nolano
- nell’area Pompeiana-Stabiese
- in provincia di Napoli e nel Montorese
- in provincia di Avellino.
Tutela e Registrazione
La denominazione Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino è riservata ai pomodori pelati dell’ecotipo San Marzano e da altre linee ottenute con miglioramento genetico.
Così impone il disciplinare con cui è stato conferito dall’Unione Europea, nel 1996, il marchio dop al prodotto trasformato in “pelato”.
La Regione Campania e il Consorzio per la valorizzazione e la tutela del San Marzano, sono riusciti a salvaguardare e a rilanciare una produzione che, negli anni ottanta, era stata gravemente compromessa.
I motivi vanno ricercati nella drastica riduzione delle superfici coltivate dovuta ad una serie di problematiche, tra cui anche quelle fitosanitarie.
La raccolta si effettua a mano e la lavorazione avviene esclusivamente ad opera di laboratori artigianali o di industrie conserviere presenti nella zona di produzione.
Il risultato è quel sapore tipicamente agrodolce, quel profumo di terra e di sole che rende unici tanti piatti tipici della cucina campana.