Cu Chi, un distretto a circa 30 km fuori Ho Chi Minh City (Ex Saigon) in Vietnam, una intricata rete di gallerie sotterranee che si estende per 250 chilometri, interamente scavate a mano con semplici picconi e pale fino ad una profondità di 9 metri.
I primi scavi iniziarono negli anni 40, sotto un terreno ricoperto dalla giungla, per l’indipendenza dai colonialisti francesi.
Successivamente nel decennio 60 e70, i Viet Cong gradualmente espansero la rete di gallerie per difendersi dagli attacchi degli Stati Uniti, nonostante avessero qui una delle loro basi più grandi, non ha impedito ai Viet Cong di vincere con successo una guerra contro un nemico più forte e sicuramente più ben fornito.
E i tunnel hanno giocato un ruolo fondamentale e strategico nell’offensiva.
La rete dei tunnel si estendeva per circa 250 chilometri collegando Cu Chi, Ho Chi Minh (ex Saigon) fino al confine Cambogiano.
I tunnel venivano usati per nascondere le truppe, per rifornirsi di armi, sopravvivere, organizzare le loro tattiche, ma sopratutto per cogliere di sorpresa i soldati americani organizzando rappresaglie e spedizioni punitive.
I tunnel erano molti stretti, adatti alla corporatura minuta dei vietnamiti, magri e corti è impossibile accedervi per gli americani ben più robusti.
I soldati statunitensi che hanno cercato di infiltrarsi nei tunnel hanno affrontato molteplici sfide: i passaggi erano pieni di insetti pungenti e trappole mortali, pozzi spalancati per impalare soldati su pali di bambù affilati, tutte trappole costruite con mezzi di fortuna forniti dai contadini del posto.
Se i soldati americani ci finivano dentro erano spacciati.
Bombe e altre armi usate dalle forze americane venivano raccolte dai Viet Cong e portate nelle officine sotterranee di Cu Chi, dove venivano trasformate in lanciarazzi e altre armi.
In breve, gli americani fornivano ai Viet Cong armi da usare contro di loro.
I Viet Cong avevano ricreato una vera e propria città sotterranea i cui ingressi erano perfettamente mimetizzati dal fogliame.
All’ interno delle gallerie c’era di tutto: stazioni di pronto soccorso, cucine, teatri, dormitori, nascondigli per armi, pozzi, tipografie, ecc.
Le gallerie hanno permesso alla popolazione di vivere inosservati durante tutta la durata del conflitto, in grado di ospitare circa 10.000 persone.
Viet Cong, militari, civili, donne e bambini, mangiavano, dormivano, passavano le loro giornate nascosti come talpe al riparo dai soldati americani che in superficie cercavano di stanarli senza successo.
Nonostante lo strepitoso livello di organizzazione, le condizioni di vita dentro questi cunicoli bui e senza aria erano tremende.
Oggi alcune sezioni sono visitabili dai turisti e a questo scopo sono stati allargati anche se chi decide di percorrere i tratti visitabili deve comunque rannicchiarsi e strisciare attraverso cunicoli stretti e bui. Le gallerie sono alte 1,2 metri e larghe 80 cm e non sono illuminate.
Essendo curioso, sono entrato per un pezzo per uscirne subito, la sensazione di malessere e soffocamento è forte.
Lo sconsiglio a chi soffre di claustrofobia.
Durante la visita ci vengono anche offerti dei pezzi di tapioca, un tubero che assomiglia molto alla patata dolce, nutriente e facile da trasportare, che assieme al riso era il principale alimento dei Viet Cong.
Questi luoghi mi hanno stupito, perché mi sono reso conto che nonostante la potenza di fuoco e dei moderni mezzi dei militari americani è stato l’ingegno e la creatività dei soldati vietnamiti, che ha permesso loro con pochi mezzi di fortuna, di vincere il conflitto.