Chiedimi chi è Van Halen, un ricordo per la sua scomparsa
Purtroppo il 2020 continua a riservarci spiacevoli sorprese: questa volta è toccato al grande Eddie Van Halen.
Il chitarrista combatteva da tempo contro una grave malattia.
Una perdita che fa riflettere su come il mondo della musica e della chitarra stia evolvendo, e le direzioni che sta prendendo.
Potremmo scrivere migliaia di motivi per definire Van Halen come il Maradona della Chitarra Rock, per le innovazioni, le canzoni scritte, i suoni e molto altro ancora.
Ma questo articolo vuole essere anche uno spunto di riflessione.
Un intera generazione ha iniziato ad imbracciare una chitarra elettrica dopo aver ascoltato un suo assolo.
Quegli Eroi della chitarra che da ragazzino dopo l’acquisto del primo strumento cerchi di imitare con un primo “Tapping”(la tecnica che Eddie ha ampliato e sviluppato) maledestro.
Una forte fonte di ispirazione per moltissimi Musicisti, la scomparsa di Van Halen può essere paragonata a quella di B.B KING per chi ama il Blues.
Tutti coloro che lo hanno ammirato avrebbero voluto il suo suono, la sua tecnica, la sua chitarra, tutti ad inseguire quel sound.
Un evento che fa riflettere, perchè negli ultimi vent’anni non abbiamo avuto un vivaio di eredi, che avvicinassero le nuove generazioni al mondo della chitarra come quella schiera di grandi musicisti Rock che hanno dato elevata dignità artistica a questo genere dagli anni cinquanta in poi vedi Hendrix, Page, Clapton.
Il problema non è tecnico ma nella comunicazione ; esistono ad oggi migliaia di strumentisti tecnicamente superiori ai grandi del passato, ma purtroppo gli interessi musicali delle masse stanno cambiando e la figura del chitarrista diviene sempre più marginale.
Il Rock come fenomeno di costume popolare, a differenza della musica classica che ha un impostazione diversa nell’ascolto, potrebbe perdere i propri punti di riferimento se le nuove generazioni non seguiranno quei modelli (gli eroi della chitarra) che al giorno d’oggi non esistono più.
Di seguito introduco il pensiero e le parole di un grande fan e storico di Van Halen, un carissimo amico : Alessandro Montanari.
Chi era Edward Van Halen?
Un musicista, un chitarrista, un genio.
Certamente, ma chi era Edward Van Halen per me?
La risposta sta in una sola parola: EMOZIONE.
Sempre diversa ad ogni singola nota, sempre altissima ed indefinibile a parole.
All’indomani della sua morte terrena (non certo spirituale) è chiaramente impossibile trovare parole per esaurire l’argomento ma userò le migliori possibili.
Con quest’anno 2020 sono oramai 32 anni che faparte di me e tutto è partito da un pomeriggio di primavera, grazie a Rai 3 che ha trasmesso una parte del famoso US Festival 1983.
Folgorato è l’aggettivo giusto per capire il mio status di quei momenti, rapito non solo da lui ma dall’intera band.
Il web invaso di commenti e post è la conseguenza di quello che Eddie è stato come musicista e persona, sempre con quel sorriso che faceva sembrare facili cose assolutamente difficili. Uso questo aggettivo soprattutto in riferimento a 3 aspetti del suo chitarrismo : LA RITMICA, IL TIMING, IL TOCCO.
Avete letto bene: non ho menzionato TAPPING e SOLI. Sono solo la punta di un iceberg ENORME.
Sulla ritmica, mi limito solo a menzionare
- “I’m the One” del 1978, soprattutto perché è stata suonata in un solo take;
- segnalo un video su Youtube di Rick Beato che analizza “Jump” e parla soprattutto della abilità ritmica anche come tastierista. In particolare, circa a metà video, analizza come incastri la tastiera sul mini-assolo di batteria .
Ecco, un consiglio che posso dare se si vuole capire a fondo Eddie è quello di partire dalla ritmica.
Sul TIMING, dico solo che è unico (posso consigliare il video di “5150” live in Tokyo 1989, quando sul solo parte, vola, fa piroette con un Timing ALIENO (e poi atterra in tempo). Sul Timing.
Sul tocco, resto in religioso silenzio e vi invito all’ascolto.
Finisco ringraziando l’amico Stefano per questa enorme possibilità di poter far passare alle persone (attraverso il suo articolo) le mie emozioni riguardo ad Eddie, ci vorrebbero fiumi e fiumi di parole ma non è possibile.
Allora lasciamo parlare la sua musica, il suo genio, il suo cuore, le sue mani che come ha detto Nuno Bettencourt
“sono un tramite tra il suo cuore e la sua chitarra”.
Ringraziamo Alessandro Montanari per la gentile e preziosa collaborazione.
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