Keynes e l’economia del vicolo dopo il Coronavirus: ripartiamo sempre dalla Storia.
Il dopo Coronavirus
Fiducia è il nome con cui la indicano gli economisti; ovvero la popolazione nella sua interezza inizierà a considerare in maniera positiva il futuro clima sociale (la fine del Coronavirus) e la propensione ai consumi di conseguenza inizierà ad aumentare.
Speriamo.
E’ quanto già accaduto nell’Italia del secondo dopoguerra: la gente, dopo aver vissuto in un clima belligerante, riacquistò fiducia ed ottimismo e tornò a spendere.
Un grandissimo economista, considerato da molti l’ Einstein dell’economia, John Maynard Keynes spesso affermava, in maniera ironica rispondendo a chi criticava l’applicabilità dei suoi modelli, che “nel lungo periodo siamo tutti morti”
Keynes voleva semplicemente ribadire il concetto dell’inaffidabilità della valutazione dell”economia nel lungo periodo vista la sua incertezza; pertanto l’unica cosa che possiamo fare è fidarci del presente piuttosto che rassegnarci a certi modelli economici che inseriti in un futuro troppo lontano perdono di credibilità
Dunque, una volta che l’emergenza Covid-19 sarà rientrata, bisogna guardare al presente.
A quel presente che attualmente, a causa del diffondersi del virus, stiamo vivendo adottando misure restrittive.
Quando tornerà il sereno, non facciamoci trovare impreparati: la Storia sta lì a dimostrare che un nuovo boom economico è possibile.
Ricordo ancora con gran simpatia le parole del mio professore di Scienze delle Finanze ai tempi dell’Università
Dividerei il mondo in due categorie : i Keyenesiani e gli stolti.
Bisognerebbe prendere spunto un po’ dalla vecchia “economia del Vicolo” che esisteva a Napoli fino al secondo dopoguerra.
Il vicolo, in tutte le città d’Italia, è solo una via di dimensioni modeste.
A Napoli era un’entità che da urbanistica si fa economica e sociale, che condizionava decine e centinaia di famiglie dove ognuno faceva la sua parte giorno per giorno .
Napoli, al contrario di quanto si pensa, è una città assai laboriosa.
Una volta e fino agli anni sessanta secondo i racconti di chi ha vissuto quelle realtà , scrittori, registi come ad esempio Giuseppe Marotta, Marcello D’orta raccontano la cosiddetta ‘economia del vicolo’, cioè l’industriarsi di ognuno a sbarcare il lunario, l’inventarsi un mestiere giorno dopo giorno, per soddisfare “le esigenze dei consumatori” più fortunati, che erano coloro che avevano un reddito sicuro in periodi di sviluppo occupazionale, a tal proposito consiglio di vedere due film come “L’oro di Napoli” e “Napoli Milionaria” .
Alimentare il consumo ma con saggezza.
Per il vocabolario, il basso è semplicemente un «locale d’abitazione seminterrato, con porta d’ingresso a livello stradale», per i napoletani è spesso la somma di un’abitazione e di un ‘esercizio pubblico’, tant’è che esiste l’espressione fare casa e putéca, cioè: vivere nella casa che è al tempo stesso bottega.
Nel basso la signora faceva le rattàte (grattate), ossia vendeva granite di ghiaccio sopra al quale versava sciroppo di menta, fragola o tamarindo; nel basso il contrabbandiere smerciava sigarette americane; nel basso la vecchia vendeva ai bambini le pazzièlle, i giocattoli di poco valore; nel basso le figliòle friggevano le pizze l’invitante odore si spandeva per il vico; nel basso svolgeva il suo lavoro il solachianiéllo, ossia il ciabattino.
Come il vicolo si animava sin dalle prime luci del mattino,cosi dovrebbe fare in futuro il mondo intero, attivando aiuti e sostegni da parte degli stati , perché nonostante i grandi affari fossero estranei al vicolo (poveri erano gli ambulanti e poveri erano gli avventori) ci si dava tutti una mano, come in una grande società di mutuo soccorso.
Cogliamo ancora una volta l’occasione per ringraziare chiunque combatte l’emergenza in prima linea o rimanendo a casa, supportando con la massima solidarietà i lavoratori in difficoltà, le famiglie delle persone contagiate, e tutti coloro che per motivi di sicurezza sono lontani dai propri cari.